La legge 104/92 prevede che i lavoratori dipendenti possano fruire di permessi e congedi retribuiti per assistere familiari affetti da disabilità grave certificata. Non tutti però rispettano la normativa, e spesso capita che gli aventi diritto utilizzino i permessi spettanti per finalità diverse da quelle previste, arrecando danni sia all’Inps, che eroga l’indennità relativa ai giorni di permesso, che al datore di lavoro.
In questi casi il datore può provare l’abuso del lavoratore, se in possesso di elementi utili a dimostrare in giudizio la condotta scorretta tenuta dal soggetto. Il datore di lavoro può infatti utilizzare prove raccolte da un’agenzia investigativa incaricata, fermo restando le disposizioni a tutela della libertà e dignità del lavoratore e i conseguenti limiti alla sfera di intervento.
Con la sentenza n. 4984 del 04/03/2014, la Corte di Cassazione ha definito legittima l’attività di investigazione condotta da agenzie incaricate dal datore di lavoro, a condizione che questa si limiti “agli atti illeciti del lavoratore non riconducibili al mero inadempimento dell’obbligazione”.
Nella stessa sentenza, la Cassazione ha inoltre precisato che in caso di presunti comportamenti illeciti da parte di un dipendente, l’imprenditore può ricorrere ai servizi di un’agenzia di investigazione, a condizione che alla base vi sia un ragionevole sospetto e non l’intenzione di ampliare l’oggetto di una contestazione disciplinare.
Servizi di agenzia che possono rappresentare un onere significativo per il datore di lavoro, ma che allo stesso tempo assicurano la possibilità di un riscontro concreto di eventuali condotte scorrette del dipendente.