Con al crisi economica, sono molti gli italiani che per racimolare qualche soldo in più, svolgono due lavori contemporaneamente. Sebbene quella di svolgere un secondo lavoro non sia una pratica che, in sé per sé, arreca danno al datore di lavoro, questi è tenuto a licenziare per giusta causa il dipendente che lavora in una realtà concorrente.
Lavorare per un concorrete significa, infatti, minare il vincolo fiduciario alla base del rapporto di lavoro, impedendone la prosecuzione, anche in via temporanea. In tal caso il datore di lavoro può recedere immediatamente dal contratto (licenziamento in tronco) senza dare alcun preavviso al dipendente.
È bene precisare però che il dipendente ha l’obbligo di comunicare al proprio datore di lavoro l’inizio un secondo lavoro solo se contrattualizzato.
In caso di presunto lavoro al nero, il datore di lavoro che intende licenziare il dipendente può rivolgersi ad un agenzia investigativa. Nella sentenza n. 4984 del 04 marzo 2014 la Cassazione ha stabilito che le prove raccolte da agenzie investigative sono valide solo a condizione che l’attività di investigazione si limiti “agli atti illeciti del lavoratore non riconducibili al mero inadempimento dell’obbligazione”.
Ricordiamo che se il licenziamento risulta illegittimo, il giudice può condannare il datore di lavoro a reintegrare il dipendente e a pagargli un’indennità, con importo massimo pari a 12 mensilità percepite, o a corrispondergli un indennizzo (di importo compreso tra 12 e 24 mensilità) ma senza l’obbligo di reintegro.