Il part time diventa più flessibile con il Jobs Act. Le aziende possono utilizzare il lavoro supplementare e inserire clausole elastiche. Queste le principali novità della riforma del lavoro a tempo parziale contenuta nel decreto legislativo 81/2015, anche se manca ancora una disciplina ad hoc nel contratto collettivo nazionale. Ma vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.
Il lavoro supplementare, ossia quello prestato oltre l’orario pattuito dalle parti, assume una nuova veste. L’articolo 6 del Dlgs 81/2015 stabilisce infatti che, in assenza di disciplina del contratto collettivo di riferimento, il datore di lavoro può chiedere al dipendente di la prestazione di lavoro supplementare in una misura massima del 25% delle ore di lavoro settimanali concordate.
In tal caso il lavoratore può rifiutarsi di svolgere l’attività lavorativa solo in presenza di documentate esigenze lavorative, di salute, familiari o di formazione professionale. Il lavoro supplementare viene retribuito con una maggiorazione del 15% rispetto alla retribuzione oraria globale di fatto.
Il nuovo regime dovrà però essere confrontato con quanto stabilito dalla sentenza 11905/2011 della Corte di Cassazione, che vede l’utilizzo continuo di lavoro supplementare in un contratto part time come un presupposto di trasformazione del contratto a tempo pieno.
Secondo la Suprema Corte, determina la conversione del contratto anche l’assenza di una specifica esigenza organizzativa dell’impresa, tale da giustificare lo svolgimento di ore lavorative in più rispetto a quelle originariamente concordate tra le parti.
Di conseguenza, se nel Ccnl non sono indicati i limiti di utilizzo del lavoro supplementare, questi dovranno essere pattuiti nel contratto individuale di lavoro. Attualmente, invece, la norma permette il lavoro supplementare anche in mancanza di indicazioni nel contratto collettivo e senza il consenso del lavoratore. Quest’ultimo infatti può rifiutare solo in determinate situazioni.
Tra le novità introdotte dal decreto troviamo anche la possibilità di pattuire clausole elastiche relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione lavorativa. In caso di aumento dell’orario di lavoro, il dipendente ha diritto a un preavviso di due giorni lavorativi e a specifiche compensazioni stabilite dai Ccnl.
Se il contratto collettivo applicato non disciplina le clausole elastiche, queste possono essere pattuite in forma scritta dalle parti, di fronte a una commissione di certificazione. Per essere valide le clausole devono stabilire condizioni e modalità con le quali il datore di lavoro può aumentare la durata della prestazione lavorativa.
In ogni caso l’incremento non può avvenire in misura superiore al 25% della normale prestazione annua a tempo parziale. A fronte della modifica dell’orario il lavoratore riceve una maggiorazione del 15 % della retribuzione oraria globale di fatto.