Il decreto attuativo del Jobs Act pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 24 giugno ha definito il riordino dei contratti di lavoro esistenti. La nuova normativa introduce importanti novità sia per il contratto di apprendistato che in materia di lavoro accessorio (voucher) creando non poche incertezze tra gli imprenditori e lavoratori dipendenti. Vediamo quindi nel dettaglio cosa è cambiato.
Con l’articolo 39 il decreto legislativo sul riordino del contratti definisce l’apprendistato un contratto a tempo indeterminato “finalizzato alla formazione e all’occupazione dei giovani”. Volta a favorire l’alternanza scuola-lavoro, la disciplina introduce una nuova forma di apprendistato per i giovani studenti e prevede ore di formazione obbligatorie.
L’apprendistato si divide in:
Ogni datore di lavoro può assumere un numero massimo di apprendisti definito nel rispetto del rapporto di 3 a 2 con le maestranze qualificate presenti in azienda. Se un datore di lavoro ha meno di tre dipendenti qualificati, non potrà assumere più di tre apprendisti. Tale norma non vige però per le imprese artigiane.
È bene precisare che, ai fini della loro qualificazione o riqualificazione professionale, si possono assumere in apprendistato professionalizzante, senza limiti di età, i soggetti che godono di indennità di mobilità o di un trattamento di disoccupazione.
Per quanto riguarda invece il lavoro accessorio con voucher, la principale novità introdotta dal decreto è l’aumento del tetto dell’importo, portato a 7 mila euro. Rimangono comunque in vigore i limiti della no-tax area. Il decreto specifica inoltre che le prestazioni di lavoro accessorio possono essere rese nel limite di 3 mila euro di corrispettivo per anno civile.
Ricordiamo che la riforma del lavoro apporta alcune modifiche anche al contratto di lavoro part-time, soprattutto per quanto attiene alle ore di lavoro aggiuntive rispetto all’orario concordato. Il datore di lavoro può infatti richiedere ore supplementari, anche senza il consenso del lavoratore, fermo restando il rispetto dei contratti collettivi.
In mancanza di contratti collettivi il datore di lavoro può chiedere al lavoratore ore aggiuntive, ma nel limite del 25% delle ore settimanali concordate. Tali ore saranno retribuite con una maggiorazione del 15% della retribuzione globale. Il lavoratore ha la facoltà di rifiutare il lavoro aggiuntivo adducendo a motivi lavorativi, di salute, familiari o di formazione.
Altra importante novità è quella relativa alle clausole di flessibilità. La nuova disciplina consente al datore di lavoro di accordarsi con il dipendente in merito ad eventuali modifiche future dell’orario di lavoro. A tal proposito è possibile sottoscrivere clausole di flessibilità anche senza accordi collettivi o sindacali.
Una volta sottoscritte le clausole, il datore di lavoro può spostare o allungare la prestazione lavorativa in qualunque momento purché ne dia un preavviso al dipendente di almeno due giorni. Il Jobs Act prevede infine che in caso di maternità o parenti affetti da malattie gravi, il datore di lavoro possa convertire, per un certo periodo, il congedo parentale in part-time.