La nuova cassa integrazione è finalmente in vigore. Con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale degli ultimi quattro decreti attuativi, il Jobs act è arrivato al capolinea. Tra le novità introdotte dalla riforma del lavoro non mancano i cambiamenti in materia di cassa integrazione. Vediamo di cosa si tratta.
Le nuove normative Jobs Act cassa integrazione, operative dal 24 settembre 2015, prevedono da un lato l’ampliamento della platea dei beneficiari (includendo piccole imprese e apprendisti) e dall’altro la riduzione della durata dell’ammortizzatore sociale, portata a 24 mesi. Condizioni che impediscono alle aziende decotte di richiedere l’indennità e allo stesso tempo aumentano i costi per le imprese che la utilizzano.
Ma allora a chi spetta la cassa integrazione? Hanno diritto tutti i lavoratori subordinati che, al momento della richiesta, possano vantare almeno 90 giorni di anzianità. Il Jobs Act ha inoltre ampliato la platea, includendo anche i lavoratori con contratto di apprendistato professionalizzante.
La riforma del lavoro ha permesso l’accesso all’ammortizzatore sociale anche alle piccole imprese, ossia quelle che contano dai 5 ai 15 dipendenti. Secondo i tecnici del governo, grazie a questi interventi la platea di beneficiari si estenderà fino a raggiungere 600mila aziende e 5,6 milioni di dipendenti.
Resta invariato invece l’importo dell’assegno previsto sia per la cassa ordinaria che per quella straordinaria: l’80% della retribuzione globale spettante al lavoratore, per un massimo di 1167,91 euro al mese.
Come già indicato, il Jobs Act prevede un periodo massimo per la cassa integrazione di 24 mesi in un quinquennio mobile, ossia in un periodo di cinque anni dalla data di richiesta dello strumento. Solo per il settore edile la durata massima dell’indennità è fissata a 30 mesi. Importante anche la modifica introdotta in merito alle informazioni che l’azienda deve comunicare ai sindacati in caso di richiesta di cassa integrazione straordinaria. In tal caso infatti l’azienda non sarà più tenuta a dichiarare i criteri di individuazione dei dipendenti da sospendere né le modalità della rotazione.
Allo stesso tempo, la riforma del lavoro accelera i tempi per la presentazione della domanda. Per la cassa ordinaria è necessario avanzare la richiesta entro 15 giorni dalla sospensione dell’attività, mentre per quella straordinaria la domanda va presentata nei sette giorni successivi alla chiusura della procedura sindacale o dell’accordo aziendale.
Cambiano anche le causali necessarie per accedere alla cassa integrazione straordinaria. Il Jobs Act esclude dall’ammortizzatore i casi di cessazione dell’attività o di un ramo della stessa. Un’altra importante novità riguarda i costi per le imprese che utilizzano la cassa integrazione ordinaria.
Tutte le imprese del settore industriale pagano una quota per la cassa integrazione, a prescindere che ne facessero uso o meno, il contributo ordinario. Dal 24 settembre è previsto uno sconto su questa somma, per quanto attiene alla cassa integrazione ordinaria. In questo modo le imprese con meno di 50 dipendenti pagheranno l’1,7% della retribuzione, e quelle che superano questa soglia il 2%.
La situazione non cambia invece per la cig straordinaria. Il contributo rimane fisso allo 0,9% della retribuzione (0,6% a carico dell’impresa e 0,3% del lavoratore). C’è poi il contributo addizionale, pagato solo da chi utilizza effettivamente la cassa integrazione.
In questo caso, la riforma del lavoro alza le aliquote. Fino a 52 settimane di cassa il contributo sarà pari al 9% della retribuzione spettante per le ore non lavorate. Tra le 52 e le 104 settimane invece la quota da pagare è del 12%, oltre le 104 settimane si arriva al 15%. In altre parole chi utilizza l’ammortizzatore sociale paga di più.