Nonostante la riduzione dell’Irap e la decontribuzione triennale per i neoassunti a tempo indeterminato, l’onere fiscale applicato sul lavoro e sul capitale è molto elevato in Italia rispetto agli altri Stati membri dell’UE. A dichiararlo è la Commissione Europea con le ultime raccomandazioni inviate all’Italia: documento di cui il Governo dovrà tenere conto per impostare la prossima legge di bilancio.
Stando alle ultime stime, lo scorso anno l’aliquota è stata pari al 42,8%, la più alta dell’Unione e molto al di sopra della media degli stati membri che si attesta al 36,1. Il cuneo fiscale, ossia la differenza fra le tasse che paga il datore di lavoro e lo stipendio percepito dai suoi dipendenti, è fra i più alti dell’UE. E le manovre applicate dal governo hanno fatto scendere lo scarto con i partner europei solo “di un quarto”.
I dati sulla crescita nel secondo trimestre del 2015 (che si è attestata allo 0,2%) dicono che la situazione sta migliorando, ma non nella misura prevista dal Governo Renzi. La soluzione per ottenere un significativo aumento della crescita è quella di ridurre il peso fiscale sulle imprese rendendo l’Italia più competitiva agli occhi di potenziali investitori.
Per le decisioni c’è ancora tempo, dato che la legge di Stabilità va depositata in Parlamento entro il 15 ottobre, ma tutte le forze politiche sono già concordi sul fatto che nel 2016 occorrerà una nuova spinta alle assunzioni.
Una scelta che però prevede costi enormi. Solo confermare nel 2016 la decontribuzione triennale sui nuovi assunti costa due miliardi, cifra che toccherà i quattro/cinque miliardi di euro per il biennio 2017-2018. Non è poco ma non sarebbe abbastanza per rilinciare l’economia.
Tagliare qualche punto di contribuzione a tutti gli assunti però sarebbe ancora più costoso. Attualmente l’aliquota media è del 33 per cento, e ogni punto in meno costerebbe allo stato fra i due e i tre miliardi. Ma perché il taglio abbia degli effetti visibili sono necessari almeno 4 punti in meno.
Per questo a Palazzo Chigi stanno pensando di confermare la decontribuzione per i nuovi contratti. Una misura che per lasciare il segno e dare una stabilizzazione dei dipendenti precari, però, dovrebbe diventare strutturale. “Per diventare più competitivi abbiamo bisogno di cose semplici, chiare e durature”, fanno sapere dal governo. Intanto Confindustria non chiede di meglio.