Nella giurisprudenza italiana il licenziamento di un dirigente è disciplinato diversamente rispetto a quello degli altri dipendenti. Regolato dalle norme del Codice Civile e dalla contrattazione collettiva, il licenziamento del dirigente è strettamente legato al ruolo che questo ha all’interno dell’azienda.
Alla figura del dirigente sono, infatti, attribuiti compiti che hanno una forte incidenza sulla gestione dell’azienda e le prerogative associate si basano in larga parte sul rapporto di fiducia con il datore di lavoro. Il carattere fiduciale del rapporto tra datore di lavoro e dirigente fa si che questo abbia potere decisionale e una larga autonomia di scelta nello svolgimento del proprio lavoro.
Per il licenziamento dei dirigenti si fa riferimento alla disciplina contenuta negli articoli 2118 e 2119 del Codice Civile e alla tutela disposta dalla contrattazione collettiva tramite la nozione di Giustificatezza di Licenziamento. I dirigenti sono infatti esclusi dalle tutele per i licenziamenti individuali, definite dalla legge n. 604/1966.
Tale esclusione non è però totale, poiché l’articolo l’art. 2 della legge n. 108 del 1990 stabilisce l’obbligo per il datore di lavoro di comunicare in forma scritta il licenziamento al dirigente. L’obbligo di comunicare per iscritto il licenziamento non implica però che il datore di lavoro sia tenuto a fornire al dipendente anche le motivazioni che hanno portato alla conclusione del rapporto.
In proposito si registrano punti di vista divergenti, alcune sentenze della Corte Suprema fanno riferimento esclusivamente all’obbligo di comunicazione scritta del licenziamento, mentre altre stabiliscono che solo la presenza di una motivazione scritta permette al dirigente di impugnare il licenziamento.
Licenziamento dirigente per giusta causa: quando è nullo
Ma allora quando è nullo il licenziamento di un dirigente? Il licenziamento del dirigente è nullo se viene comunicato solo in forma orale o se alla base vi sono motivi illeciti. L’articolo art. 3 della legge n. 108/1990 stabilisce, infatti, che il licenziamento discriminatorio è nullo e comporta, anche per i dirigenti, l’applicazione dell’articolo 18 della legge n. 300/1970.
Il licenziamento del dirigente è nullo per motivo illecito se si verifica una discriminazione razziale, di lingua, di handicap, di sesso oppure basato sulle convinzioni personali o sull’orientamento sessuale.
Il licenziamento non è considerato nullo se a causarlo è un motivo di rappresaglia o ritorsione che porta una reazione ingiusta da parte del datore di lavoro. Ricordiamo infine che in caso di licenziamento per giusta causa (escludendo quindi i casi di nullità) la fine del rapporto avviene in tronco e senza preavviso.