Il datore di lavoro può licenziare i dipendenti solo se sussistono le condizioni per la giusta causa o il giustificato motivo. Si parla di giusta causa di licenziamento quando il dipendente tiene una condotta scorretta tale da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro.
Il giustificato motivo, invece, si divide in soggettivo e oggettivo. Il primo si verifica quando il dipendente non rispetta gli obblighi contrattuali, in misura meno grave di quanto previsto dalla giusta causa. Il giustificato motivo oggettivo fa riferimento ad una riorganizzazione aziendale e non ha niente a che vedere con la condotta del dipendente.
I licenziamenti per giustificato motivo prevedono il rispetto del periodo di preavviso (in caso di mancato preavviso, viene versata un’indennità economica pari alla retribuzione che sarebbe spettata), mentre quelli per giusta causa hanno efficacia immediata dal momento in cui il dipendente ne viene a conoscenza.
Quando si licenzia per giusta causa, è necessario redigere una lettera di licenziamento in cui siano indicati esplicitamente i fatti alla base del licenziamento. La contestazione deve essere immediata e non può essere modificata nel corso del provvedimento. È bene precisare che l’onere della prova spetta al datore di lavoro. Ricordiamo che è possibile licenziare senza obbligo di motivazione i dirigenti, i lavoratori domestici e i dipendenti assunti in prova.
Qualora il lavoratore ritenga il licenziamento illegittimo, ha la possibilità di impugnarlo entro 60 giorni dalla ricezione della lettera di licenziamento o, se posteriore, della comunicazione in cui sono indicati i motivi alla base del provvedimento.
Ma cosa succede in caso di licenziamento senza giusta causa? Come stabilito dalla legge 300/1970 il lavoratore ingiustamente licenziato ha diritto ad essere reintegrato sul posto di lavoro se l’azienda presso cui lavorava ha più di 15 dipendenti in ogni unità produttiva. Allo stesso modo possono essere reintegrati i soggetti assunti in imprese con più di 60 dipendenti totali o se il datore di lavoro è un imprenditore agricolo con oltre 5 dipendenti in ciascuna unità produttiva.
Se il giudice accerta l’illegittimità del licenziamento, oltre alla reintegra, il dipendente deve essere risarcito dal datore di lavoro per il danno subito. Il lavoratore però può rinunciare alla reintegra e chiedere in cambio un’indennità pari a 15 mensilità di retribuzione. Fermo restando, per il datore di lavoro, l’obbligo di risarcire il danno.
Quando il datore abbia meno di 15 addetti per unità produttiva o è un imprenditore agricolo con meno di 5 dipendenti, il licenziamento illegittimo non prevede l’obbligo di riassumere il dipendente, ma solo il pagamento di indennità con importo variabile da 2,5 a 6 mensilità dell’ultima retribuzione.