Il Jobs Act, la riforma del lavoro voluta dal Governo Renzi, è in vigore dal 7 marzo 2015 e i dati Istat relativi allo stesso mese indicano oltre 3 milioni di persone in cerca di lavoro, il 13% in più rispetto a febbraio, e un tasso di disoccupazione giovanile pari al 43%.
Ovviamente è presto per dare giudizi circa gli effetti della riforma, ma interrogarsi sull’impatto che questa sta avendo sul nostro Paese ci sembra lecito. Vediamo quindi cosa è stato modificato con i primi due decreti attuativi Jobs Act (approvati il 20 febbraio), che si focalizzano rispettivamente sul contratto a tutele crescenti e sugli ammortizzatori sociali.
Come sono cambiate le condizioni di lavoro in seguito al superamento delle tutele previste dall’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori? Chi avrà diritto al nuovo sussidio di disoccupazione (Naspi)?
Ideato con l’obiettivo di rendere il contratto a tempo indeterminato il principale canale d’ingresso nel mondo del lavoro (e di conseguenza agevolare l’impiego dei giovani), il contratto a tutele crescenti regola i licenziamenti relativi ai lavoratori assunti a tempo indeterminato dall’entrata in vigore del Jobs Act (7 marzo).
Sono soggetti alla disciplina anche tutti i soggetti i cui contratti di lavoro sono stati convertiti da tempo determinato, o di apprendistato, a tempo indeterminato successivamente a tale data.
A differenza di quanto previsto dalla riforma Fornero del 2012, il contratto a tutele crescenti del Jobs Act stabilisce il diritto al reintegro su posto di lavoro e ad un’indennità economica di risarcimento, solo in caso di licenziamento discriminatorio, intimato a voce o nullo.
Oltre ai casi elencati, è possibile ottenere la reintegra sul posto di lavoro solo in caso di illegittimo licenziamento disciplinare, nel caso in cui si riesca a dimostrare che il fatto imputato al lavoratore licenziamento non sia effettivamente esistito.
Avranno invece diritto ad un indennizzo economico, ma non alla reintegra, i lavoratori che in sede di giudizio saranno in grado di dimostrare che hanno subito un licenziamento illegittimo per motivi economici o disciplinari, oppure di aver ingiustamente perso il lavoro a causa di una violazione delle procedure o dei criteri di scelta previsti per i licenziamenti collettivi.
Il contratto a tutele crescenti ha inoltre introdotto l’offerta di conciliazione, ossia la possibilità per il datore di lavoro di offrire al lavoratore licenziato una somma predefinita (esente da contribuzione previdenziale e tasse) in cambio della sua rinuncia ad impugnare il licenziamento.
Per quanto riguarda gli ammortizzatori sociali, il Jobs Act ha affiancato alla Naspi (indennità di disoccupazione) altre due misure: DIS-COLL e ASDI (assegno di disoccupazione per lavoratori in condizioni di disagio). Ma vediamo a chi spettano le varie indennità.
Hanno diritto alla Naspi i lavoratori subordinati che hanno perso involontariamente il lavoro, in possesso di 13 settimane di contribuzione negli ultimi 4 anni, di cui almeno 30 giornate negli ultimi 12 mesi.
Attivo in via sperimentale per il 2015, il DIS-COLL è rivolto a lavoratori con contratti di collaborazione a progetto, iscritti alla Gestione Separata Inps, che hanno perso il lavoro, mentre la ASDI spetta ai soggetti in difficoltà che, alla scadenza della Naspi, sono ancora disoccupati.
Ricordiamo che a breve dovrebbe essere attivo anche il contratto di ricollocazione, che consentirà di ottenere una somma chiamata “dote individuale di ricollocazione” con la quale sostenere un percorso di formazione e riqualificazione.