Quella del licenziamento durante la gravidanza è una delle tematiche più complesse in materia di diritto del lavoro, considerata l’importanza che questo momento ha per la lavoratrice e gli oneri legati all’attività professionale da condurre. La legge vieta al datore di lavoro di recede dal contratto, per il periodo che va dall’inizio della gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino.
La normativa, che si estende anche ai casi di adozione e affidamento, ha validità anche se il datore non era a conoscenza dello stato della lavoratrice al momento del licenziamento. In tal caso la lavoratrice ha diritto al reintegro sul posto di lavoro, a fronte di un certificato medico in cui si attesta che la gravidanza era già in corso all’epoca del licenziamento.
Esistono tuttavia alcune eccezioni, il licenziamento durante la gravidanza è infatti possibile per giusta causa, ossia in caso di inadempimento agli obblighi contrattuali, di una gravità tale da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro.
La lavoratrice in gravidanza può essere licenziata anche in caso di cessazione dell’attività aziendale o, se assunta a tempo indeterminato, per scadenza dei termini del contratto. Le lavoratrici assunte in prova, invece, possono essere licenziate per esito negativo del periodo di prova anche se incinte.
È bene precisare che le lavoratrici stagionali licenziate per cessazione dell’attività hanno diritto alla precedenza per la riassunzione in caso di ripresa dell’attività lavorativa stagionale, fino al compimento di un anno di età del figlio.