Il mobbing è stato introdotto in ambito giurisprudenziale nel 1999, inseguito a una sentenza presentata dal Tribunale di Torino. Ciononostante non è ancora disponibile una leggere dedicata in misura esclusiva al mobbing, anche se vi sono norme che tutelano le vittime di comportamenti ritenuti persecutori subiti in un contesto lavorativo. Vediamo in dettaglio quali sono le leggi che intervengono e quali sono gli oneri per dipendente e datore di lavoro.
Dal punto di vista del codice civile, va chiarito chi sia l’effettivo responsabile dell’atto di mobbing, due le alternative: il datore di lavoro o un collega. Se la situazione considerata corrisponde a quest’ultima istanza, chi ha compiuto una forma di violenza psicologica dovrà far fronte a una responsabilità extracontrattuale.
Diversa la situazione se il responsabile del mobbing è il datore di lavoro, il quale sarà chiamato a dar conto di un inadempimento al contratto di lavoro. È infatti un suo dovere tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore.
Il lavoratore sarà ovviamente chiamato a provare la condotta oggetto di mobbing, e la relazione tra il non rispetto delle disposizioni legislative e il danno prodotto. Il datore di lavoro deve invece provare di aver agito nel rispetto della legge.
Nell’ambito del mobbing si può determinare anche un danno inerente alla professionalità della vittima, qualora il lavoratore si trovi a non poter più compiere l’incarico professionale cui era originariamente destinato.
Se il lavoratore è demansionato o lasciato completamente inattivo, può richiedere al giudice del lavoro di annullare la scelta del datore di lavoro.