Il licenziamento per motivi economici è l’interruzione unilaterale (da parte del datore di lavoro) del rapporto di lavoro, che si conclude per motivi relativi alla riorganizzazione dell’azienda. Noto anche come “licenziamento per giustificato motivo oggettivo“, il licenziamento per motivi economici prescinde dalla condotta, più o meno diligente, del dipendente.
Ma quando è previsto il licenziamento per motivi economici? Perché questo possa avvenire è necessaria la presenza di ragioni oggettive tali da legittimare la riduzione del personale. Ipotesi che si verifica quando, per motivi di riorganizzazione aziendale, il datore di lavoro è costretto a privarsi di alcuni dipendenti che non può reimpiegare nella sua attività.
Per procedere al licenziamento quindi non è sufficiente che il datore di lavoro decida di riorganizzare la produzione, ma occorre anche che il profilo professionale del dipendente non sia più utile all’interno dell’azienda. In caso contrario il datore di lavoro ha l’obbligo di ricollocare il dipendente in un’altra posizione (obbligo di ripescaggio).
Il licenziamento per motivi economici va comunicato attraverso un documento scritto in cui sono indicate le ragioni che hanno condotto alla fine del rapporto di lavoro. Se il lavoratore ritiene che il licenziamento sia ingiusto ha 60 giorni per impugnarlo, a partire dalla data di ricezione della comunicazione. Se nella documentazione non sono riportate le ragioni che hanno condotto al licenziamento, i 60 giorni si calcolano a partire dalla ricezione della comunicazione contenente i motivi.
Per contestare il licenziamento, il lavoratore deve comunicare all’imprenditore che intende contestare il licenziamento. Nei 180 giorni successivi all’invio della comunicazione il lavoratore deve depositare il ricorso nella cancelleria del Tribunale di competenza, impugnando davanti al Giudice il licenziamento.
In alternativa è possibile inviare al datore di lavoro la richiesta di tentativo di conciliazione presso la direzione provinciale del lavoro, o una richiesta di arbitrato.
Cosa succede in caso di licenziamento illegittimo? La riforma Fornero prevede che, se il Giudice accerta che non sussistevano i motivi per procedere al licenziamento, venga riconosciuta al dipendente una somma in denaro. L’importo dell’indennità può variare da un minimo di 12 a un massimo di 24 mensilità. Se i motivi alla base del licenziamento risultano evidentemente infondati il Giudice può anche ordinare il reintegro del lavoratore.
Il Jobs Act ha però definito regole diverse per i nuovi assunti. Dal 2015 infatti per i licenziamenti illegittimi non è più possibile il reintegro del dipendente. La riforma prevede inoltre un aumento dell’indennità prevista per appurata illegittimità: 1,5 mensilità per ogni anno di lavoro del dipendente, con un tetto massimo di 36 mensilità.