Con la sentenza n.536 del 21 luglio 2014, la Corte d’Appello di Milano ha considerato illegittimo il licenziamento per assenza ingiustificata di un lavoratore in sciopero. Confermando un approccio interpretativo già consolidato nella giurisprudenza italiana, la Corte ha dichiarato lecite le attività di sciopero, a prescindere dalla durata e dalle modalità con cui vengono condotte, a patto però che si tratti di una manifestazione finalizzata a tutelare un interesse collettivo dei lavoratori.
Nel caso di specie, un lavoratore è stato licenziato per aver aderito ad uno sciopero indetto da un’organizzazione sindacale, a seguito della chiusura del punto vendita in cui era impiegato. Ma vediamo con ordine come si sono svolti i fatti e quali sono le motivazioni alla base della sentenza.
In vista della chiusura della sede, la società datrice di lavoro ha chiesto al soggetto di indicare la sede in cui avrebbe voluto essere trasferito, ma questi non ha espresso alcuna preferenza. La società ha quindi inviato una comunicazione in cui indicava il trasferimento del dipendente in un’altra sede di propria scelta. Nella lettera il datore di lavoro invitava inoltre il dipendente a riprendere servizio e contestava l’illegittimità dell’assenza per sciopero.
Dopo un’assenza per malattia e un ulteriore periodo di ferie, il lavoratore ha fatto presente la sua intenzione di riprendere l’astensione dal lavoro per sciopero. A questo punto il datore di lavoro ha deciso di adottare un provvedimento di licenziamento per giusta causa, ponendo alla base di tale decisione l’assenza ingiustificata dal posto di lavoro e la reiterata insubordinazione compiuta dal soggetto.
Impugnando il provvedimento, il dipendente si è rivolto al Tribunale di Milano che ha dichiarato illegittimo il licenziamento per sciopero, riconoscendo al lavoratore il diritto ad un risarcimento per il danno subito.
Ricordiamo, infatti, che per i soggetti assunti con contratto a tempo indeterminato prima del 7 marzo 2015 (data di entrata in vigore del Jobs Act), in caso di illegittimo licenziamento per giusta causa, il datore di lavoro è obbligato a riassumere il dipendente. Questi dovrà inoltre corrispondere al lavoratore un indennizzo pari alla retribuzione che gli sarebbe spettata dalla data del licenziamento fino al giorno di effettiva reintegra sul posto di lavoro.
Tali sanzioni sono previste però solo nei casi in cui non ricorrono gli estremi previsti per la giusta causa di licenziamento, ovvero se il fatto contestato non sussiste, o rientra fra le condotte punibili con una sanzione conservativa.
Con il ricorso in Corte d’Appello la sentenza è stata confermata, poiché non è possibile attribuire rilevanza al fatto che lo sciopero si sia prolungato per un ampio lasso di tempo, causando alla società problemi di natura organizzativa e produttiva.
Per quanto riguarda la questione dell’insubordinazione, indicata nel provvedimento di licenziamento, la Corte non ha individuato alcun comportamento scorretto da parte del lavoratore, sostenendo che l’astensione dal lavoro presso la nuova sede era solo una conseguenza della scelta di avvalersi del legittimo esercizio di sciopero.