La giusta causa e il giustificato motivo soggettivo sono due delle motivazioni che la Legge ritiene idonee a legittimare la fine di un rapporto di lavoro. Il licenziamento per giustificato motivo soggettivo prevede un periodo di preavviso, mentre quello per giusta causa ha effetto immediato.
La conversione del licenziamento per giusta causa (senza preavviso) in licenziamento per giustificato motivo è possibile e può essere disposta d’ufficio, oppure a seguito del verdetto di un Giudice. La conversione è ammissibile solo nei casi in cui al fatto imputato al lavoratore (ad esempio negligenza sul posto di lavoro) sia stata attribuita una gravità eccessiva.
In un primo momento la Giurisprudenza italiana ammetteva la conversione solo se veniva accertata la volontà da parte del datore di lavoro di licenziare ugualmente il dipendente, anche in assenza di giusta causa.
Col passare del tempo si è, però, diffusa una disposizione diversa, secondo la quale la volontà del datore di lavoro non influisce nella modifica del titolo, essendo questa solo una diversa qualificazione giuridica della situazione. In ogni caso per effettuare la conversione è sempre necessaria la valutazione di un Giudice.
Quando non è possibile effettuare la conversione? La conversione del licenziamento per giusta causa in licenziamento per giustificato motivo incontra un limite nella regola di “immutabilità della contestazione”. In altre parole non è possibile convertire il licenziamento se mutano i motivi posti alla base della contestazione iniziale.