Con il Jobs Act il Governo Renzi ha deciso di cambiare le regole previste per il licenziamento dei lavoratori dipendenti. Gli assunti a partire dal 2015 non avranno infatti le tutele previste dall’articolo 18, che fino al 2014 prevedeva il reintegro del dipendente in azienda in caso di licenziamento illegittimo. Ma vediamo nel dettaglio quali sono le novità introdotte dal Job Act in materia di licenziamento.
Sebbene nel 2012 la Riforma Fornero avesse ridotto sensibilmente l’area di applicazione dell’articolo 18, fino all’entrata in vigore del Jobs Act era possibile reintegrare il dipendente licenziato senza giusta causa.
Se un giudice accertava che il licenziamento era avvenuto per un motivo inesistente, il lavoratore poteva avere indietro il proprio posto di lavoro. In alternativa alla parte lesa veniva proposto un risarcimento in denaro, per un importo pari a un numero di mensilità percepite compreso tra 15 e 24.
Dal 2015 il reintegro del dipendente è possibile solo in caso di licenziamento per motivi discriminatori o in caso di licenziamenti per motivi disciplinari, ma solo a condizione che il provvedimento risulti illegittimo.
Un’altra novità è rappresentata dall’opportunità per l’imprenditore di presentare una proposta di conciliazione. Avvenuto il licenziamento il datore di lavoro può offrire al dipendente un’indennità economica con un importo pari ad una mensilità percepita per ogni anno di anzianità lavorativa (con un minimo di 2 e un massimo di 18 anni).
Se il dipendente accetta l’offerta e rinuncia ad impugnare il licenziamento, il risarcimento ottenuto è esente da imposte e contributi.
Ricordiamo infine che il Job Act ha esteso l’indennizzo, al posto del reintegro, anche ai licenziamenti collettivi, per i quali con la legge Fornero il lavoratore aveva diritto ad essere reintegrato con l’articolo 18.