Con il Jobs Act il Governo Renzi ha modificato la normativa riguardante la conciliazione in caso di licenziamento di un lavoratore dipendente. A seconda della situazione, in caso di contenzioso sul lavoro, è possibile applicare una delle seguenti procedure: conciliazione facoltativa, preventiva e a tutele crescenti. Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.
Conciliazione facoltativa. Con il Dlgls n.183/2010, il tentativo di conciliazione difronte alla Commissione della Direzione Provinciale del Lavoro è tornato facoltativo. In altre parole, in caso di controversia individuale le parti possono scegliere se rivolgersi o meno al giudice.
È possibile ricorrere alla conciliazione facoltativa solo se la vertenza ha come oggetto uno delle seguenti argomenti:
Ma qual è la procedura da seguire? La parte che propone la conciliazione (dipendente o datore di lavoro) presenta domanda presso la Segreteria delle Commissioni provinciali competente. la controparte ha 20 giorni a partire dalla data della richiesta, o da quella di ricezione dell’istanza al convenuto, per depositare le proprie memorie e le eventuali domande in via riconvenzionale.
Nei successivi 10 giorni, le due parti saranno convocate dinanzi a una commissione della DPL per effettuare il tentativo di conciliazione. Nel caso si raggiunga un accordo, anche parziale, viene redatto un verbale sottoscritto dalle due parti. Il giudice del lavoro, su istanza di parte, rende poi esecutivo il decreto. Se invece non si raggiunge l’accordo conciliativo, la commissione deve sottoporre alle parti una proposta conciliativa da inserire a verbale.
Conciliazione preventiva. Si tratta di una procedura obbligatoria per i datori di lavoro che contano più di 15 dipendenti in una singola unità produttiva, o più di 60 a livello nazionale. la normativa vigente prevede però l’obbligo di applicare la conciliazione preventiva solo per i licenziamenti avvenuti per giustificato motivo oggettivo.
Prima di procedere al licenziamento, il datore di lavoro deve intraprendere la conciliazione preventiva, volta all’esame congiunto dei motivi alla base del licenziamento e al raggiungimento di un eventuale accordo tra le parti. Vediamo l’iter da seguire.
Il datore di lavoro invia alla Direzione Territoriale del Lavoro una comunicazione in cui dichiara la volontà di licenziare il dipendente. Entro 7 giorni dalla ricezione, la DTL convoca le parti. In caso di mancata convocazione entro il termine stabilito, è possibile procedere al licenziamento. In caso contrario, l’incontro si svolge dinanzi alla Commissione di Conciliazione e la procedura deve concludersi entro 20 giorni dalla trasmissione della convocazione.
Nel caso il tentativo di conciliazione abbia esito positivo e preveda la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, il dipendente (in deroga alla disciplina ordinaria) avrà diritto alla nuova indennità di disoccupazione Aspi.
Conciliazione a tutele crescenti. Introdotta dal Jobs Act, questa nuova tipologia di conciliazione si applica esclusivamente ai contenziosi sorti per:
In caso di licenziamento di un dipendente assunto a tutele crescenti, il datore di lavoro può ricorre alla conciliazione al fine di evitare l’impugnazione del licenziamento. In questo modo al lavoratore viene offerto un risarcimento con importo pari a 1 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per ogni anno di servizio. In ogni caso l’indennità dovrà essere compresa tra 2 e 18 mensilità.
Se il lavoratore accetta, il rapporto si estingue e il dipendente rinuncia all’impugnazione anche nel caso in cui la procedura sia stata già attivata. La somma versata dal datore di lavoro non costituisce reddito imponibile ai fini fiscali e non è assoggettato a contribuzione previdenziale.
Ricordiamo infine che il datore di lavoro che utilizza la conciliazione a tutele crescenti, a prescindere dall’esito della trattativa, è tenuto ad effettuare una comunicazione obbligatoria tramite procedura “UNILAV – Conciliazione” sul portale Cliclavoro.