Tra le tante novità apportate dal Jobs Act, troviamo l’introduzione del contratto a tutele crescenti, che ha riscritto la disciplina per i licenziamenti individuali e ha modificato lo strumento della conciliazione, atto a sanare le eventuali controversie tra datore di lavoro e dipendente. Vediamo dunque cosa accade in caso di licenziamento e contrasti tra le due parti.
In caso di licenziamento discriminatorio, che risulta ovviamente nullo e inefficace, il giudice può predisporre il reintegro del lavoratore e condannare il datore di lavoro al pagamento di un indennizzo non inferiore a cinque mensilità percepite dal dipendente (fa fede l’ultima retribuzione utilizzata per il calcolo del trattamento di fine rapporto). In alternativa, il lavoratore può optare per l’interruzione definitiva del rapporto, a fronte del pagamento di 15 mensilità.
Quando invece il dipendente viene licenziamento per ragioni legate all’organizzazione del lavoro o all’attività produttiva, questi ha diritto a un indennizzo pari a due mensilità per ogni anno di servizio prestato. L’importo totale del risarcimento, inoltre, deve essere compreso tra 4 e 24 mensilità. Fanno eccezione le piccole e medie imprese, che prevedono una mensilità per ogni anno di servizio e un indennizzo che non può superare le sei mensilità.
In caso di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, il lavoratore ha diritto a un risarcimento pari a due mensilità per ogni anno di servizio. Anche in questo caso, l’importo totale non può essere inferiore a 4 mensilità né superiore a 24.
Se il lavoratore dimostra l’inesistenza dei motivi posti alla base del licenziamento, ossia che si tratta di licenziamento illegittimo, il giudice può ordinare il suo reintegro e obbligare il datore di lavoro a pagare un risarcimento. Il dipendente può inoltre scegliere tra il reintegro nell’attività lavorativa e un risarcimento pari a 15 mensilità.
Per quanto riguarda la nuova formula di conciliazione stragiudiziale, regolata dal Dlgs 23/2015, questa è applicata alle controversie tra datore di lavoro e dipendente nate in seguito di licenziamenti illegittimi. Il datore di lavoro può scegliere di offrire al dipendente una somma pari a una mensilità per ogni anno di servizio prestato, rispettando pel soglie definite per legge (minimo 2 e massimo 18 mensilità)
L’indennizzo è esente da IRPEF e, se il lavoratore accetta, il rapporto lavorativo è da considerarsi estinto. Il soggetto dipendente rinuncia inoltre all’impugnazione del licenziamento, anche nei casi in cui fosse già in corso.